Festa della «Madonna della Salute»
Basilica della Madonna della Salute
Is
63,7-9; Rom 8,28-30; Gv 2,1-11
Venezia, 21
novembre 2008
1.
«O Vergine, Madonna della Salute… Tu sei
l’immagine di ciò che Dio compie in chi a Lui si affida». La preghiera per
lo scioglimento del voto contiene tutto il significato del nostro gesto. Decine
di migliaia di persone – tra cui ieri sera una schiera assai nutrita di giovani
– accompagnata dalle autorità religiose civili e militari, dalle Nove
congregazioni del clero, dai canonici, dalle Confraternite e da numerose
aggregazioni ecclesiali, sono oggi convenute – ed il pellegrinaggio continuerà
nei prossimi giorni - in questa celebre basilica del Longhena per compiere un
atto di affidamento alla Vergine Santissima, qui onorata come la “mediatrice
di tutte le grazie”.
2. Tramite
Maria a Gesù. E dal Figlio diletto al Padre. «Questi fu per loro un salvatore in tutte le angosce. Non un inviato né un
angelo, ma egli stesso li ha salvati; con amore e compassione egli li ha
riscattati; li ha sollevati e portati su di sé, in tutti i giorni del passato» (Is 63, 8-9). Ciascuno di noi
personalmente è oggetto di questa azione
di salvezza. Lo è nelle circostanze “normali” di ogni giorno, con il loro
carico, spesso sconosciuto ai più, di gioie e di dolori; come lo fu quasi
quattro secoli fa nella drammatica eccezionalità delle circostanze che
portarono i nostri padri a fare il voto pubblico alla Vergine, Capitana da mar.
3. «Non hanno più vino» (Gv 2,2). A Maria, già figura della Mater Ecclesia che si prende cura ed intercede, sembra non sfuggire nessun bisogno
dell’uomo, neanche quello che la nostra misura giudicherebbe superfluo, come
quello del vino buono per giunta al termine di un banchetto. Si rivolge al
Figlio perché lo colmi. La richiesta appare singolare perché Maria non ha
ancora visto nessun miracolo esterno. L’Evangelista nota che quello di Cana fu
il primo miracolo. Ma a lei basta sapere che a Dio nulla è impossibile.
Gesù – già teso al miracolo per eccellenza , quello della Sua morte e
risurrezione da croce - afferma: «Non è ancora giunta la mia ora» (Gv 2,4). In un primo tempo
resiste. Non intende essere forzato nel ruolo di “taumaturgo” (operatore di
miracoli), di cui invece da quel momento il popolo, spudoratamente insaziabile,
lo caricherà in continuazione. Ma alla fine cede alle parole della Madre.
Sempre l’affidamento a Maria è per la libertà di noi creature, un buon
investimento. Così la Vergine dirige i servitori nell’obbedienza a Lui: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5). La forza di Maria è la fede. «A Cana Maria
appare come credente in Gesù: la sua fede ne provoca il primo “segno” e
contribuisce a suscitare la fede nei discepoli» (Giovanni
Paolo II, Redemptoris Mater 21).
4. Raramente
viene sottolineato un dettaglio significativo: Giovanni dice laconicamente che
i servi dopo aver riempito le giare fino all’orlo, nell’atto di
mescere, versavano vino. L’evangelista non descrive quindi il segno miracoloso
in se stesso, ma nel gesto obbediente dei servitori del banchetto che compiono
fedelmente l’ordine ricevuto. Sono quindi gli addetti al servizio del banchetto
di festa i testimoni autorevoli di
quanto si compie. E si compie proprio attraverso l’umile esecuzione del loro
servizio. Nell’obbedienza al compito a loro affidato diventano trasparenti di
quanto un Altro compie, attraverso di loro.
Qui è
racchiuso il denso significato della missione del cristiano e, nell’ottica
credente, di ogni umano compito.
Questa
missione, che è solo testimonianza oggettiva del Salvatore, si gioca nel qui ed ora della storia. Così, riuniti in questa basilica, noi affidiamo a
Maria il nostro quotidiano. Sentiamo farsi sempre più pesante la preoccupazione
per una crisi di cui non vediamo lo sbocco. Taluni anzi affermano che è in atto
ben più di una crisi. Parlano di una mutazione radicale che interesserà tutto
il sistema di vita personale ed associato, dall’economia, alla politica, alla
socialità e alla cultura.
Cosa
diventa, allora, la testimonianza per chi, affidandosi a Maria, crede
nell’articolato disegno del Padre di cui ci ha parlato la Seconda Lettura [«quelli poi
che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche
giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati» (Rm 8,30) ]?
Spero
che questa crisi possa mettere in moto un ripensamento dei nostri stili di vita
orientandoli verso una sobrietà che sappia usare con distacco tutti i beni
materiali e spirituali. Il che non significa rinunciare agli standard che
abbiamo raggiunto, ma praticarli in modo sobrio, consapevoli che non siamo da
soli nel mondo. E la strada che conduce a questo è la solidarietà. So bene che
per affrontare la questione della fame nel mondo servono riforme
strutturali e di sistema, ma c'è anche un'energia che ciascuno di noi deve
mettere in campo. Non credo, per esempio, che sia un gesto
sentimentale, quando ci si siede a tavola, dire una preghiera per i
bambini che non hanno da mangiare e rinunciare a qualcosa per loro. Perché
questo umile esercizio ti costringe ogni giorno a fare i conti con la
realtà. Non dovremmo mai dimenticarci che tutto ciò che abbiamo ci è dato
in uso: il denaro è uno strumento, non un fine. «Chi costruisce la sua vita su queste realtà […] – ci ha ricordato senza mezzi termini il Papa - costruisce sulla sabbia. Solo la Parola di
Dio è fondamento di tutta la realtà… Realista è chi costruisce la sua vita su
questo fondamento che rimane in permanenza...». (Benedetto XVI, 6 ottobre
2008, alla recita dell’Ora media al Sinodo).
Inoltre, nel presente frangente storico, tutti i responsabili
della cosa pubblica eletti dal popolo, al governo o all’opposizione, sono
chiamati a mostrare il volto di un autentico stato democratico attento al bene
di tutta la società civile. Lo Stato non può sottrarsi ad un intervento di
emergenza, necessario per interrompere la catena della crisi. E si registra una
buona concordia nell’affermare che a questo intervento non sembra esserci
alternativa, fosse solo perché lo Stato ha il monopolio del prelievo fiscale
coercitivo. Quel che si pone è senza dubbio un problema di efficienza, che ha
però un imprescindibile risvolto etico di equità. Qualunque crisi, infatti, è
costosa da riassorbire. Allora l’intervento pubblico riguarderà per forza di
cose l’interrogativo circa il chi e
il come verranno sostenuti i costi
della crisi. Un “buon” intervento dello Stato
saprà distribuirli, nel tempo e fra i diversi gruppi di cittadini, meno
iniquamente di quanto sarebbe accaduto per l’effetto diretto della crisi. In
una parola: si deve evitare che la crisi venga scaricata sugli anelli deboli
della società civile.
Mi
pare molto efficace in proposito il recente pronunciamento dei Vescovi
americani: «Come pastori e vescovi noi vediamo le gravi conseguenze umane e
morali della crisi: molte persone stanno perdendo un senso di speranza e di
sicurezza». E si riferiscono nel contesto statunitense a difficoltà molto
concrete: perdita della casa, del lavoro, delle cure mediche, caduta nella
povertà di intere famiglie, oblìo dei più bisognosi. Fatte le debite
distinzioni, questo criterio deve valere anche per il nostro Paese, per il
nostro territorio veneto e per la nostra Venezia.
5. «E i suoi discepoli credettero in Lui» (Gv 2,11). Il miracolo di Cana viene
narrato soprattutto dal punto di vista dei discepoli. Come se - lascia
intendere Giovanni - solo essi, ad imitazione di Maria, si fossero lasciati
sfidare fino in fondo dalla Sua Presenza salvifica, affidandosi totalmente a
Lui. E non a caso affidandosi agli eventi della salvezza in compagnia di Maria
sono diventati testimoni autorevoli.
È così anche
per noi oggi, pro-vocati a credere in Gesù per vedere, udire, gustare in ciò
che avviene (in tutte le circostanze, i rapporti, i processi storici…) la
manifestazione della gloria della Sua umanità.
La Vergine
Santa ci conceda di restare immersi nella realtà, per vedere come in essa si
dispiega il disegno amoroso del Padre di Gesù Cristo e Padre nostro.
A questo ci
aiuti la Visita Pastorale. Senza temere la nostra debolezza, chiediamo alla
Madonna della Salute non solo la salute del corpo ma anche quella del cuore e
dello spirito. Amen.