Il Patriarca Francesco alla Messa del Crisma: “Testimoniare l’amore che salva gratuitamente, annunciare con ogni mezzo la speranza e la gioia di Gesù risorto”

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Nella mattina del giovedì santo (29 marzo 2018) il Patriarca Francesco Moraglia ha presieduto la S. Messa “Chrismatis”, con la benedizione degli olii santi,  nella basilica cattedrale di S. Marco a Venezia e alla presenza dei sacerdoti della Diocesi veneziana.

“Noi sacerdoti ordinati – ha detto il Patriarca nell’omelia (testo integrale in calce) – siamo, senza nostro merito e al di là delle nostre doti personali, doni preziosi per la nostra gente e le nostre comunità; è importante che non smarriamo o sminuiamo tale consapevolezza. Siamo mandati in quanto preti e non per nostre doti personali; queste, ovviamente, sono un ulteriore dono per la Chiesa ma l’efficacia del ministero ordinato non è, in se stessa, legata alle risorse personali. I ministri ordinati, preti o vescovi – e in modo differente i diaconi -, sanno prima di tutto d’essere dei salvati che, a loro volta, annunciano il perdono che hanno ricevuto gratuitamente e di cui sono i testimoni.  Come sacerdoti siamo chiamati ad essere amministratori della grazia di Dio, consapevoli d’esser stati i primi ad averne beneficiato. Tale consapevolezza deve essere – come spesso ci ricorda Papa Francesco – più presente nell’esercizio del nostro ministero a servizio dei fratelli; teniamo viva in noi tale memoria, per poter andare agli altri con profonda umiltà e vera tenerezza. E così, senza sminuire la drammatica portata del peccato e le esigenze del Vangelo, ricordiamo che i tempi e i momenti della conversione appartengono a Dio che è ricco di misericordia”.

E ancora, rivolgendosi soprattutto ai confratelli sacerdoti, ha affermato: “Dobbiamo esser capaci di testimoniare l’amore che ci ha salvati gratuitamente e, soprattutto, dobbiamo annunciare con ogni mezzo la gioia di Gesù risorto. Siamo salvati personalmente e comunitariamente dal suo amore gratuito; questa deve essere la certezza che accompagna il nostro ministero sempre. Il nostro sì alla sua chiamata ci libera innanzitutto da noi stessi perché il peccato è prima di tutto scegliere il proprio progetto, il proprio io, il proprio particolare; sostituire Gesù con il proprio io, saperne più di lui; essere più del maestro, porsi sopra il Vangelo, piegandolo al pensiero dominante del tempo in cui viviamo. Dove finisce, allora, la profezia cristiana: dar da mangiare all’affamato, vestire chi è nudo, ospitare lo straniero, ma anche perdonare le offese, consigliare i dubbiosi, senza dimenticare il sì dell’amore indissolubile fra l’uomo e la donna nel matrimonio? Carissimi, crescendo nel Signore Gesù, ossia nella fede, nella speranza e nella carità diventiamo più uomini, più donne, e cresciamo pure come comunità perché Gesù non solo non toglie nulla alla nostra umanità ma la porta a compimento. Così l’annuncio cristiano è testimonianza serena e gioiosa di una verità detta con amore e di un amore vissuto nella verità; è annuncio di una vita riconciliata capace di speranza in una quotidianità fatta di alti e bassi, di luci e ombre, di successi e insuccessi, spesso abitata da persone tristi e scoraggiate. Annunciare la speranza è per ogni comunità cristiana, piccola o grande che sia, un dovere e consiste nel prendere per mano chi fatica o addirittura non trova più motivi per vivere. Annunciare la speranza è, così, beneficare il prossimo e la società”.

Nel corso dell’omelia poi, in diversi e specifici passaggi, mons. Moraglia si è rivolto ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai fedeli laici e anche ad alcuni cresimandi presenti nella basilica marciana. E, dopo aver anche citato alcuni brani di Ignazio Silone, ha così concluso la sua riflessione: A tutti gli amici presenti, ai confratelli sacerdoti, ai diaconi e anche a me, auguro un Sacro Triduo che ci liberi dal nostro io – il nostro “uomo vecchio” – e, per l’intercessione della Santa Vergine del cenacolo, ci consegni, insieme alle nostre comunità, all’Amore Misericordioso del Padre rendendoci nella nostra vita immagini vive della Sua tenerezza. Ricordiamo poi con affetto tutti i nostri confratelli, in modo particolare i malati, gli anziani e quanti possono attraversare momenti di prova e sofferenza spirituale. Sì, preghiamo gli uni per gli altri; io mi affido con fiducia alla vostra preghiera e vi porto nella mia. Carissimi, sappiate che il presbiterio e i singoli preti entrano ogni giorno nella mia prima preghiera del mattino; ogni mattina, siete i primi per i quali rivolgo a Dio il mio pensiero. Chiediamo alla Vergine – Madre di Gesù eterno sacerdote – di sostenere e ottenere da Dio il dono della santità per il nostro presbiterio; affidiamoci, dunque, a Lei e alla sua onnipotente preghiera secondo lo spirito delle nozze di Cana. Auguro a tutti, presbiteri, diaconi, persone consacrate, fedeli laici e alle nostre comunità, una Pasqua santa nel Signore!“.

Al termine della celebrazione il Patriarca ha donato ai sacerdoti e diaconi presenti il libro intitolato “La festa del perdono con Papa Francesco”, curato dalla Penitenzieria Apostolica e edito dalla Libreria Editrice Vaticana. Un segno, piccolo ma tangibile, di comunione con Papa Francesco e, insieme, il dono di uno strumento che può essere molto prezioso per l’esercizio del ministero sacerdotale. “In esso – afferma, infatti, mons. Moraglia – potrete trovare i suoi interventi più significativi in tema di accompagnamento spirituale e indicazioni sul discernimento spirituale in ambito di confessione sacramentale”.

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